MR.VINILE. SHARON JONES, IL GRIDO DELL’ANIMA.

“Ho il cancro ma il cancro non ha me”, così si esprimeva Sharon Jones qualche mese prima del suo decesso causato da un tumore al pancreas. Le sue parole rivelano una persona abituata a lottare contro tutto, tenace, energica, orgogliosa di essere nera, capace di imporsi, dopo anni di gavetta in un mercato discografico dominato da giovani star, diventando a quarant’ anni una delle cantanti soul e funky più apprezzate al mondo. Soprannominata la James Brown al femminile.

Per fuggire a un marito violento la madre si trasferisce da Augusta, in Georgia, a New York quando la piccola Sharon ha solo sei anni. Ed è nella “Grande Mela” che inizia a cantare in chiesa insieme a sua sorella Willa. Negli anni seguenti canta in diverse funk band incidendo singoli per delle compilation, ma per andare avanti è costretta a cantare ai matrimoni e in gruppi gospel.
L’ industria discografica nonostante il suo talento non si interessa a lei. Come dichiarerà lei stessa a Rolling Stone, parlando di quegli anni, “io non ero quello che loro stavano cercando. Mi guardavano ma ciò che osservavano non gli piaceva. Troppo grassa, troppo nera, troppo bassa, troppo vecchia”. La delusione è forte. Si ritira dalle scene per alcuni anni facendo svariati lavori tra cui l’ufficiale di correzione in una prigione a Rikers Island. La svolta arriva nel millenovecentonovantasei quando Gabriel Roth leader dei Dap-Kings e capo dell’ etichetta Desco Records la ingaggia come corista per incidere alcuni brani. L’opportunità della vita è dietro l’angolo.

In un intervista rilasciata a Carlo Massarini durante un concerto a Milano nel duemilaquattordici, Sharon parla di quel momento topico per la sua carriera “entrai in studio e dissi perché dovete pagare tre coriste quando posso fare tutto io, dateli a me quei settantacinque dollari e vi canto tutto”. È fatta, incide il suo primo brano “Damn it’s hot” da cantante solista.

Diventa la punta di diamante dell’etichetta Daptone Records fondata dopo la chiusura della Desco records dallo stesso Gabriel Roth e Neil Sugarman, due giovani newyorchesi bianchi che si ripropongono di ricreare, in chiave moderna, il suono caratteristico del soul, del funky e dell’R&B degli anni sessanta e settanta suonato da mostri sacri come Aretha Franklin, James Brown e Otis Redding.

Con la sua voce roca, l ‘energia e la potenza espressa sul palco, Sharon Jones è la figura perfetta per tale scopo. Nel duemiladue il suo primo album “Sharon Jones and the Dap-Kings” le dà la notorietà in tutto il mondo. Il sesto album” Give The People What They Want” del duemiladodici riceve una nomination al Grammy awards. Ma lei non si considera una cantante pop.
“Quando la gente mi chiede che genere di musica canto, io rispondo soul, funk e R&B.”
L’anno dopo entra in ospedale per curare un cancro. Il palco diventa una terapia dove dimenticare il dolore, lei stessa afferma “non c’è il cancro non c’è la malattia quando ti fai trasportare dalle urla e dalle facce del pubblico” . Quando il male sembrava essere stato debellato si ammala nuovamente morendo nel duemilasedici all’età di sessant’anni. Qualche mese prima aveva espresso l’ idea di incidere un album gospel con i suoi fidati Dap-Kings ritornando alle origini.  Il suo lascito è una voce pregna di voglia di vivere e sognare anche quando sembra inutile, una voglia di continuare a combattere anche quando non c’è una via d’uscita.

Paolo Mr vinile Marra

Massi

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