Io ho visto un genius. Il ventuno Aprile duemilasedici non è scomparsa solo un’ icona mondiale capace negli ottanta e novanta di focalizzare l’attenzione mediatica e di dettare mode ma anche un immenso musicista. Prince non è rimasto, come altri musicisti, relegato in un periodo, gli anni ottanta, contrassegnato da eccessi, narcisismo, dalla convinzione che tutto poteva essere raggiungibile, ma è andato oltre, esplorando la musica in tutte le sue sfaccettature. Talento unico, tecnicamente preparato, polistrumentista, Prince ha saputo abbinare musica di qualità ad un’ immagine da sex simbol portata spesso all’estremo. Miles Davis, altro gigante della musica, disse di lui in un programma televisivo “Prince is a genius” e aggiunse “Prince è James Brown, è Jimi Hendrix ed è anche Marvin Gaye. Prince è tutti loro contemporaneamente. E sul palco è Charlie Chaplin”. Lo stesso principe delle tenebre trovò nuovi stimoli nell’ascolto della musica del principe di Minneapolis. Il carisma, l’ambiguità, la capacità di andare oltre l’ovvio musicale, esplorando nuove strade, era ciò che attraeva due dei più grandi artisti del ventesimo secolo. Sottile intesa, immortalata nel concerto di fine anno del millenovecentoottantasette, organizzato per scopi benefici a Paesley Park. L’incontro dei due sul palco dura pochi minuti, ma tanto basta per far diventare l’after show del concerto ufficiale, un evento unico ed irripetibile. Gli album “Purple rain” “Sign’o the times” hanno contribuito a plasmare il “genere Prince”, una centrifuga di pop, black music, rock, jazz speculare alla sua immagine camaleontica e indomita. La sua è stata una figura artistica riluttante ad ogni ogni tipo di etichettatura, tanto che negli anni novanta Prince rompe con la sua prima etichetta discografica, la Warner Bros, colpevole secondo lui di non concedergli la giusta libertà nelle scelte musicali. In questo periodo registra album di ottima qualità, che però non hanno un seguito mediatico e commerciale paragonabile ai precedenti. Nei primi anni duemila tira fuori dal cilindro album jazz-fusion come ” Rainbow children“e “News” ricalcando le orme di un altro irrequieto della musica moderna, Frank Zappa. Con lui, condivide un’insaziabile creatività fagocitante ogni elemento musicale, ma priva dell’ironia parossistica anti-sistema del Baffuto Frank. In questi lavori, Prince, esprime anche il suo lato spirituale, tingendo i brani di un forte senso religioso. Zen della sua capacità di cimentarsi in ogni genere musicale è il concerto, diviso in due set nello stesso giorno, del diciotto luglio del duemilanove a Montreux. A proposito di questo evento, e del successivo, andato in scena nel duemilatredici, il direttore del Festival dichiarò ” Potevi vederlo dieci sere consecutive ed eravamo sicuri di non assistere mai allo stesso concerto, di non ascoltare le medesime canzoni”. In questa occasione dimostra, se qualcuno avesse ancora dei dubbi, di essere uno dei migliori chitarristi dell’ultimo mezzo secolo eseguendo brani come l’hendrixiana “Spanish castle magic”, “Stratus” di Billy Cobham, intessendo brani come “In Large room with no light” con arrangiamenti jazz, fino alle linee funky di “All critics love U in Montreux” su cui Prince chiede al pubblico “Am I funky?”. Come non rispondere in maniera affermativa. In un intervista rilasciata al magazine Rolling Stone, parlando di se stesso, affermo “Io sono la Musica“. Un’artista ancora da scoprire nonostante la sua vasta discografia, visto la quantità di materiale trovato nel suo archivio personale: oltre mille brani inediti.
La sua eredità musicale continuerà ad influenzare nuove generazioni di musicisti colorando ancora il nostro mondo di Viola.
Paolo Mr. Vinile Marra