#020LC. CE L’HO, MANGA!

Manga!
Esiste un paese più affascinante del Giappone?
Il latino “fascinare” indicava l’ammaliare con parole magiche e con lo sguardo e questo mi convince che no, in questo momento non esiste un paese più affascinante del Giappone.
Tra le tante originalità giapponesi che ammaliano con parole e visioni ci sono i manga. E’ stato l’artista Hokusai Katsujika che ha coniato per la prima volta il termine “manga”.
Hokusai è l’autore di una delle più famose e importanti raccolta di immagini dell’arte giapponese, la meravigliosa e brillante xilografia conosciuta con il titolo “La grande onda” che mostra in modo straordinariamente elegante minacciose ed enormi onde con a sfondo il
Monte Fuji.
Hokusai è stato maestro di molte arti: la sua abilità nel catturare personaggi o scene con linee fluide e sinuose ha portato, intorno al milleottocentoquindici, alla realizzazione di collezioni di quelli che poi lui
stesso definì manga, combinando due kanji: 漫(man) = strano, buffo e 画(ga) = immagine, disegno.
Il significato letterale di manga quindi è “immagini divertenti” o “immagini in movimento”. Il fumetto giapponese ha radici molto antiche.
Trova le sue origini nel periodo Heian (settecentoquarantanove – millecentottantacinque) con i primi rotoli dipinti: gli emakimono.
Questi associano le immagini a testi calligrafati, raccontando una storia che viene scoperta dispiegando il rotolo. È importante notare che, nella maggior parte degli antichi emakimono, il testo di accompagnamento è molto breve, quasi solo una didascalia; la preminenza è, quindi, data all’immagine che può, da sola, raccontare la storia, caratteristica che si conserva perfettamente nei moderni manga.
La forma attuale del fumetto nipponico si è definita, invece, all’inizio del XX secolo sotto l’influenza delle strips d’importazione, soprattutto americane. Stabilire una data precisa non è facile; i più indicano il milleottocentosessantadue come data di nascita ufficiale del fumetto made in Japan, quando, a Yokohama, nasce “The Japan Punch”, rivista satirica fondata dall’inglese Charles Wirgman. Oggigiorno il manga ha una diffusione capillare in tutto l’arcipelago nipponico.
La sua produzione infatti rappresenta più di un terzo delle pubblicazioni nazionali e più di un quarto delle entrate dell’intera editoria giapponese. Col tempo è diventato un vero e proprio oggetto di culto, interessando tutte le classi sociali e tutte le generazioni.
Il manga non è solo uno specchio della società ma anche un modello di vita che tratta un ampio ventaglio d’argomenti: la vita scolastica di bambini e adolescenti, la quotidianità degli operai, lo sport, l’amore, la guerra, la letteratura, la storia, la cucina e molti altri ancora; ecco perché i manga vengono differenziati in base al pubblico a cui sono destinati.
Ora le cose da fare sono due: volare in Giappone o aspettare il ventitré maggio quando aprirà al British Museum la mostra temporanea, che finirà il ventisei agosto, “Manga”, la più estesa mostra dedicata ai manga mai realizzata al di fuori del paese d’origine.
Se non vivete a Londra come me avete ora un pretesto in più per venirci, realizzabile molto più semplicemente che andare in Giappone.
See you soon at the British!

Ivan P. Ale

Massi

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