PABLITO E LE MILLE LIRE

Paolo, Pablito, Rossi, è stato uno dei pochi motivi per cui è valsa la pena di vivere gli e negli anni ottanta.

Esagerato? Si, forse, però siccome si ha la tendenza a pensare che gli anni che abbiamo vissuto siano stati migliori di quelli che stiamo vivendo, era giusto iniziare con una provocazione per cercare di fare invece una valutazione oggettiva del periodo in questione.
Stesso discorso per le mille lire, anzi iniziamo da lì. Veramente le lire erano meglio degli euro?

La domanda è palesemente e anche qui provocatoriamente posta male. Il problema non è se una moneta sia migliore di un’altra ma quanto questa sia più o meno appropriata ed efficace al contesto in cui si vive.

Il millenovecentottantadue a parte essere ricordato perché è stato l’anno in cui la nazionale italiana ha vinto il suo terzo mondiale e in cui Pablito Rossi ha regalato forse le ultime emozioni sincere, spontanee, semplici, non “coatte”, scevre da maleducazioni e da tatuaggi può essere rammentato anche da fatti che hanno segnato indelebilmente la storia della nazione in cui viviamo e quella internazionale.

Uno fra tutti l’assassinio del Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa e della moglie Emanuela Setti Carraro. La mafia colpisce un rappresentante dello Stato lasciato volutamente solo ed inerme da chi lo avrebbe dovuto tutelare, lo Stato stesso, i motivi dell’assassinio li scopriremo anni dopo, i mandanti sono gli stessi che avevano costruito il più grande complotto del dopoguerra, ovvero il sistema paramilitare che avrebbe dovuto proteggere l’Italia da una vittoria possibile alle elezioni da parte del Partito Comunista.

Quelli sono anni in cui si combatte molto ancora per le strade, sia in Italia che all’estero, come ad esempio in Libano dove a Beirut si compiono stragi di gente innocente ed inerme perpetuata da forze militari israeliane, per non parlare della guerra tra l’Argentina e l’Inghilterra per il controllo delle Isole Falkland.

In quell’anno muore Gilles Villeneuve, un campione amato forse come Pablito, un pilota di uno sport sicuramente più interessante allora di quanto lo sia adesso, intanto perché l’elettronica ha sminuito il valore di chi guida e poi perché non ci sono più tanti campioni in gara contemporaneamente come in quegli anni.

Spesso sento dire di come lo sport e in particolar modo il calcio sia cambiato rispetto a quel periodo ma la domanda è, e che cos’è che non è cambiato? Il tempo cambia tutto ma questo non significa che il cambiamento peggiori le cose, molte situazioni sono migliorate, ad esempio la possibilità di avere stadi più sicuri, certo forse meno spontanei ma senza dubbio meno pericolosi e questa è una conquista.

Abbiamo la tendenza a credere che una volta si vivesse meglio di oggi e che soprattutto quando c’erano le mille lire si aveva più potere, ma le cose non stanno esattamente così, ad esempio in quell’incredibile millenovecentottantadue, infatti, l’Italia conquistò un altro primato, assai meno magico, passato mestamente sotto silenzio: quello dello spread. Quell’anno la forbice tra i rendimenti dei nostri BTp decennali e i Bund federali tedeschi osò innalzarsi su altitudini stratosferiche: milleduecento punti.
Record mai più raggiunto.

La lira si svalutò mentre l’inflazione viaggiava intorno ai diciassette punti percentuale divorando il potere d’acquisto di stipendi, risparmi e pensioni,
i tassi d’interesse all’inizio dell’anno avevano addirittura superato il venticinque percento, insomma da un punto di vista finanziario eravamo un paese fragile, debole con una condizione economico-finanziari e sociale piuttosto delicata.

Paolo Pablito Rossi, ci regalò un sogno del quale ci rimane in bocca il sapore dolce del miele anche a distanza di decenni. Di questo gli saremo grati a vita, a lui come a Zoff, Gentile, Cabrini, Oriali, Collovati, Scirea, Conti, Tardelli, Rossi, Antognoni, Graziani, Altobelli, Bergomi, Marini e Bearzot e all’umanità travolgente di Sandro Pertini. Una formazione che ciascuno di noi che visse quelle notti conosce e può recitare a memoria tutto d’un fiato. ”Oramai non ci prendete più”, sfoggiò così l’orgoglio italiano, quel Presidente, in faccia al mondo e soprattutto ai tedeschi, una piccola vittoria che faceva sentire grandi tutti, forse ne avremmo dovuto approfittare e forse qualcuno avrebbe dovuto prendere spunto da quella serata e avere quell’amor proprio per costruire una buona nazione e far felici i suoi cittadini. Questo non fu fatto e allora non resta che goderci i ricordi di quei momenti felici e quelli di coloro che erano accanto a noi quando tutto ciò accadde, io con mio padre.

Massimiliano Bosco

Massi

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