CAMBIO D’USO, GLOBALE

Ormai è un fenomeno globale: zone un tempo abitate dalla classe operaia sono sottoposte a un lento processo di cambiamento urbanistico e socio-culturale dovuto a un lento restauro, con il conseguente acquisto da parte di facoltosi di immobili a prezzi esorbitanti. L’alzamento dei costi degli immobili e degli affitti costringe gli inquilini con redditi bassi a spostarsi in zone periferiche o addirittura fuori città.

Un esodo urbano delle classi medi- popolari che crea una netta frattura fra il centro e la periferia della città, dove le condizioni di vita diventano sempre più precarie esacerbando la conflittualità multi-culturale. Una spirale che spesso reca più danni che benefici.

Se da una parte si assiste a un miglioramento strutturale di zone spesso dimenticate dalle istituzioni, dall’altra parte si assiste al totale azzeramento della cultura precedente creata negli anni da chi in quelle zone è nato e cresciuto.

La comunità formata nel tempo dall’insieme delle tradizioni dei singoli individui viene azzerata in favore del mero interesse economico e speculativo.

Questo complesso fenomeno non è certamente nuovo. Già negli sessanta e settanta del secolo scorso era materia di interesse di vari studiosi, tra cui la sociologa Ruth Glass che nel millenovecentosessantaquattro lo identificò con il termine “Gentrification“.

Oggi, dopo più di cinquant’anni, tale processo interessa diverse capitali mondiali : Berlino, New York, Londra, Parigi, Lisbona, Roma, solo per citarne alcune, dove ormai interi quartieri spesso centrali sono diventati zone private dei nuovi ricchi provenienti da paesi in ascesa come Russia, Emirati Arabi, India. Importanti capitali da parte di società internazionali vengono investiti nella acquisizione di interi edifici in città dove la mancanza di norme legislative locali non permettono di arginare i diversi movimenti speculativi.

Non solo importanti città, ma anche piccoli quartieri hanno dovuto abdicare davanti a tale processo che nel tempo ne ha cambiato totalmente l’estetica cartografica. Un’ esempio emblematico è Brixton: quartiere multietnico, crogiolo di razze diverse in prevalenza di origine dell’India Occidentale e dell’Africa ma anche scenario di forti scontri sociali sfociati negli anni ottanta in violente rivolte finite nel sangue, che ha visto negli ultimi anni il proliferare di negozi vintage, ristoranti, gallerie e coffee alla moda, in un’aura rassicurante da cartolina.

Anche qui, gli investimenti urbanistici hanno attratto turisti da tutto il mondo con un aumento degli affitti turistici a discapito di quelli residenziali. Anche l’aumento delle famiglie a basso redditto dovuta a una forte diminuzione dei salari ha alimentato il fenomeno della gentrificazione.

Nella San Francisco Bay Area in California gli abitanti locali in prevalenza di origine latina e nera, che hanno visto i loro stipendi diminuire drasticamente, sono stati costretti a lasciare i loro alloggi in favore dei ricchi lavoratori delle industrie tecnologiche nella Silicon Valley in grado di pagare affitti altissimi.

Ed è proprio l’attrattiva di queste città a renderle appetibili ai grandi investitori a discapito delle classi più disagiate, vittime dell’avanzamento dell’economia globale ormai ignara dei diritti fondamentali “di libertà, diritto alla casa e piena occupazione”.

Paolo Marra

Massi

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