Si conclude il ciclo di articoli di Note di Viaggio di novembre dedicati al tema del deserto.
Mali Blues è stato girato da Lutz Gregor e prodotto da Martin Scorsese partendo dal fiume Niger in Mali e arrivando al Mississippi, lo stato degli USA noto per le enormi piantagioni di cotone dove gli schiavi maliani lavoravano e cantavano la loro malinconia, il loro “blue”.
Il docu-film, presentato al Toronto Film festival 2016, ha come protagonista Fatoumata Diawara. Attraverso la sua storia prendono vita le radici della musica “black” che secondo alcuni affondano proprio nel cuore del Mali, dove l’artista ivoriana è cresciuta.
La sua vita è cambiata dopo la fuga a Parigi: ha iniziato ad esibirsi tra caffè e bistrot e a farsi conoscere per la sua voce straordinaria. Fatou, questo il suo soprannome, canta della sua terra e usa la musica per combattere l’oscurantismo di tradizioni arcaiche e terribili come la mutilazione genitale femminile, ma anche il fanatismo religioso.
Nel film, la cantante si prepara per il suo primo show in Mali, nella città di Ségou nell’ambito del Festival del Niger nel 2015. Il regista la filma mentre, emozionata, costruisce la sua performance mettendo insieme suoni della tradizione africana – ad esempio lo n’goni, uno strumento a corde precursore del banjo – abbigliamento tradizionale e la sua splendida voce da usignolo del blues.