RISPETTARE. CULTURA. ARTE. THE BLOCK

Dovremo sapere rispettare chi siamo e da dove proviene la nostra cultura affinché la nostra arte possa continuare a significare qualcosa”. Queste parole del pittore afroamericano Romare Bearden ben descrivono il senso della sua opera espressa nel quadro delle dimensioni di un murales ” THE BLOCK” raffigurante il quartiere di Harlem a New York. Con un gioco di collage e balzi improvvisi di dimensioni si sovrappongono immagini di un giorno di ordinaria vita urbana catturati all’interno di appartamenti che si affacciano, con le finestre aperte, su strade frequentate dai più variopinti personaggi intenti a lavorare, divertirsi, incontrarsi, mentre sullo sfondo si ergono, sulle facciate di bassi edifici asimmetrici e chiese. figure cristiano rinascimentali e simboli tribali africani. Il Caravaggio che incontra il Sankofa, simbolo africano di saggezza basata sulla conoscenza del proprio passato attraverso cui guardare sé stessi e costruire un futuro, possibilmente migliore. Filosofia su cui nascerà il pensiero intellettuale, artistico, culturale afroamericano dell’Harlem Renaissance degli anni venti del secolo scorso; la presa di posizione contro il razzismo diffusasi contro la comunità afroamericana nel Sud e nel Nord degli Stati Uniti si definisce non mediante movimenti politici, e perciò di scontro, ma grazie all’ingegno “nero” espresso nella letteratura, nella musica e nella pittura. Il Blues delle radici come compendio a uno slancio sperimentale caratterizzato da nuovi elementi in ambito poetico, musicale, visivo che affermano un’identità a sé stante fuori dagli stereotipi fumettistici dell’immaginario “bianco”. Ed in questo contesto dinamico e stimolante che cresce Romare Bearden. La casa dove vive insieme alla sua famiglia ad Harlem diventa in quegli anni punto di incontro sociale e intellettuale intorno a cui gravitano diversi giovani artisti tra cui il poeta afroamericano Langstone Hughes e il compositore e pianista jazz Duke Ellington. La fascinazione per quel periodo lo spingerà alla fine degli anni settanta a tradurre su tela, con un tratto del tutto personale ispirato al Cubismo di Picasso, il clima rivoluzionario, festoso, di incontro fra culture diverse caratterizzante del Jazz degli anni venti, una musica continuamente in movimento, un moderno Giano con due facce una rivolta al passato e un’altra al futuro. Una musica che diede un contributo notevole all’integrazione fra bianchi e neri, sfidando i pregiudizi dell’epoca; i direttori bianchi delle grandi orchestre scritturavano i migliori musicisti di colore in circolazione eseguendo anche diversi loro brani, in seguito diventati dei classici del genere. L’onda propulsiva della “Harlem Renaissance” si infrangerà sulla crisi economica della Grande Depressione del millenovecentoventinove negli Stati Uniti, ma successivamente ispirerà, negli anni sessanta, la lotta per diritti civili e una schiera di artisti afroamericani che affermeranno il loro orgoglio “nero” nel Soul e nel Jazz: Curtis Mayfield , Marvin Gaye, James Brown, Nina Simone, Aretha Franklin, Max Roach, James Mason, Don Cherry e Art Ensemble of Chicago che definiranno questa musica, fuori dalle etichette commerciali del momento, come semplicemente Great Black Music. Il senso dell’opera di tutti questi artisti rimane un punto di riferimento ancora oggi, e l’International Jazz Day che ogni anno viene celebrato il trenta aprile, ne incarna le ragioni che ne sono alla base ” il Jazz e il suo diplomatico ruolo di unificare le persone in ogni angolo del globo”. Dalla Culla Africa a un futuro ancora tutto da scoprire…

Paolo Marra

Foto di Jack Garofalo, uno dei più importanti fotografi della rivista Paris Match.

Massi

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