L’ORTO DEI SOGNI.

Parlare di sogni ha del razionale, molto piu’ della matematica.
Ho letto diversi articoli relativi alla scelta di alcune scuole, di fornirsi di un orto da far gestire e curare ai bambini.
Addirittura in alcuni casi, da utilizzare per insegnare materie come la matematica o per migliorare l’apprendimento degli alunni.

Può essere uno stimolo ad una maggiore concentrazione mentale ed emotiva, all’attenzione ai rumori e ai suoni e ad una sempre più crescente sensibilità alla cura e alla salvaguardia ambientale. I bambini imparano a sporcarsi le mani con la terra, dalla quale proveniamo, imparano a relazionarsi con i lombrichi che devono misurare e catalogare, imparano a stilare grafici e relazioni matematiche. Sviluppano l’odorato, si emozionano nel vedere la crescita costante della pianta, si esaltano nell’assaggiare il frutto, il frutto del loro lavoro.

Certo, toccare e giocare con la terra era una consuetudine comune tra i bambini nati fino ad una quarantina di anni fa. Oggi e’ una scoperta. Peccato. Poi noi giudichiamo la perdita di tale cultura o coltura, come se ogni istante della nostra vita ce ne stessimo piegati su un pezzo di terra a coltivar carote. Non lo facciamo neppure noi adulti, non lo facciamo più da tanto tempo, forse non lo abbiamo mai fatto.

In effetti questa cosa dell’orto a scuola non e’ poi cosi’ nuova, noi ne facemmo uno alle scuole elementari, la nostra maestra non era d’accordo, era una vecchia maestra, antica. L’orto, invece, fu un successo, ci mettemmo entusiasmo ed energia, si usciva e c’era il sole, dava allegria e voglia di fare. Il più bravo con la terra era un bambino che non eccelleva nei risultati scolastici, anzi, credo avesse anche dei problemi in famiglia, ma si destreggiava bene con gli attrezzi del lavoro, a dimostrazione di quanto sia tutto cosi’ relativo, di quanto la “bravura” andrebbe misurata sulle proprie capacità e non solo su schemi prefissati dalla società, e di quanto la cultura sia relativa al luogo in cui si vive e a quello che si fa.

Noi pensiamo che avere cultura significhi necessariamente conoscere i libri, la letteratura, ecc.. Ma se vivessimo nel pieno della Foresta Amazzonica, la cultura necessaria quale sarebbe? Conoscere a fondo Manzoni? O le poesie di Keats?
E’ giusto definire le varie culture, le differenti culture, perché di fatto queste sono, differenti conoscenze basate sull’esperienza, sulla storia e sul luogo in cui viviamo. Ed io di Mauro ho un bel ricordo.

Un’ orto, gestito da bambini sviluppa la propensione alla matematica e ai sogni. Coltiva e fa crescere la simpatia all’utilizzo delle mani, al piacere di toccare la terra e al fascino che provoca quando rimane tra le dita e nelle unghie. Non e’ vero che le mani si sporcano con la terra, le mani al contatto con essa, si nutrono e tornano alle origini, perché siamo fatti di terra.

I farisei ebrei chiamavano in maniera sprezzante il popolo, Am ha’aretz (עם הארץ), ovvero “gente della terra”,
perché li ritenevano ignoranti, senza cultura, non avevano studiato tra i dotti dell’epoca, tra i maestri e i rabbi, erano umili. Umiltà, che bella parola! Una parola nobile, a cui non e’ concesso il giusto onore, “umiltà” deriva dal latino humilis, che si traduce “dalla terra”, si, essere un umile e’ una caratteristica straordinaria, perché e’ la nostra radice di vita, rappresenta le nostre origini.
Che bel complimento che facevano quei farisei al popolo, e che stolti che sono i “sapienti”, e’ proprio vero che la conoscenza gonfia ma l’Amore edifica.
Un orto e’ quindi, un mezzo importante per rimanere attaccati alle nostre origini, una fonte inesauribile di energia, un insegnamento alla nobile professione dell’essere umili, un’espressione d’Amore, una coltura di sogni. Concedete ai bambini almeno questo.

Massimiliano Bosco

Massi

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